Via Rugnà Brioschi
fabio
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Milano è una città formata da 1937 kilometri di strade. Strade su cui succedono molte cose ogni giorno, strade dove si girano film, dovi si scambiano pareri, opinioni, informazioni, merci lecite e illecite, dove cammina spedita gente che lavora, gente che non fa niente, gente di malaffare. Ci sono strade dove sono passati re o imperatori, patrioti, partigiani, politici, antifascisti, scrittori e compositori. Ci sono strade titolate a figure storiche della città e del Paese, a fondatori di movimenti, partiti, industrie. Alcune strade sono citate in ogni opere letterarie, fotografiche e cinematografiche. In tutta questa varietà e nobiltà di nomi esistono alcune vie indubbiamente sfortunate e, a torto, vituperate. Di queste una mi è particolarmente cara: è la prima via dove ho abitato non appena ho raggiunto Milano. Non ripercorrerò la storia che mi ci ha portato, ma posso dire che appena l’ho sentita nominare ho pensato di andare ad abitare nella via del fondatore dell’effervescente digestivo. In realtà, come al solito, mi sbagliavo.

Francesco Brioschi è stata una personalità molto importante per Milano: politico e matematico, è il fondatore e primo rettore del Politecnico di Milano e più in generale grande sostenitore dell’avere l’Istruzione direttamente in Milano in un’epoca in cui l’Università era, a suo modo giustamente, Pavia. Partecipò alla Cinque Giornate, ovviamente e, alla fine delle sue opere terrene, è diventato assegnatario di circa 1 dei 1937 che compongono Milano. Il tratto è compreso tra via Tabacchi e viale Cermenate e non perde il nome neppure quando interseca la circonvallazione della 90/91 in viale Tibaldi.

Via Brioschi è riemersa alle cronache oggi per un brutto fatto di nera avvenuto al 93 in un complesso enorme, bellissimo, assegnato quasi tutto a dipendenti ATM (da qualche parte, sicuramente prima della ristrutturazione, si potevano ancora vedere delle decorazioni dell’epoca). Ma chi ha la memoria un po’ più lunga ricorderà sicuramente altri due fatti incredibili: l’aggressione con l’acido di Alex Boettcher e Martina Lovato ai danni di Pietro Barbini – avvenuta in via Carcano all’incrocio con via Brioschi – e l’esplosione dolosa di un appartamento in cui persero la vita due studenti e la moglie dell’autore (Pellicanò) le cui figlie rimasero ustionate, per motivi di gelosia. Ma la memoria può andare ancora più lontana: 17 marzo 2003, l’omidicio di Davide Dax Cesare.

Perchè ne parlo? Perchè questo elenco di eventi stona sempre con il mio racconto di via Brioschi. Abitavo verso la fine della via, più o meno dove inizia il mercato e l’ho sempre trovata splendidamente umana come tutta la zona attorno. C’erano i problemi che ogni zona ha, per esempio la differenziata sabotata dagli zingari che anticipavano l’AMSA andando a cercare in tutti i sacchi se c’erano “rifiuti” riutilizzabili o furti negli appartamenti (come tutta Milano). C’erano poi le perle che ogni zona ha, come il mercato o degli esercizi commerciali con prezzi ancora umani. All’epoca c’era ancora il Rocket a raccogliere la vitalità serale degli studenti che abitano due appartamenti su tre di quelli compresi fra lì e la Bocconi o lo Iulm. Faceva un gran piacere poi vedere i ciclisti che la percorrevano come alternativa ciclabile a via Pezzotti o Meda ed è una delle pochissime vie di Milano in cui ho visto, con questi occhi, i bambini giocare a calcio nei giorni e nelle sere d’estate. La sera poi tutti si conoscono e riconoscono in una delle pizze al taglio migliori di Milano che lì si trova dagli anni 90 almeno.

Faccio molta fatica a capire con che tipo di dadi giochi il fato e non mi è per niente chiaro l’accanimento che ha con via Brioschi, ma se volete capire com’è fatta la Milano che sta fuori dai giri infrastrutture astrali, turbo-innovazione e che, al contrario, integra con semplicità chi viene da fuori – studenti stranieri che siano – allora è una via da visitare. Ah, lì è ancora possibile trovare la nebbia e sentire qualcuno parlare in dialetto.