Il pagellone del calcio italiano

Festeggiamenti dello Scudetto a Casa Milan, personal archive

fabio
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Benvenuti a questo ormai tradizionale post di fine anno calcistico. Il 22 maggio si è chiuso il campionato di serie A e ieri 1 giugno l’Argentina ci ha insegnato a giocare a calcio e sono piuttosto sicuro che non ci abbiamo ancora capito niente. Ma c’è di più, fra la vittoria del campionato e oggi è stata annunciata anche la cessione della squadra Campione d’Italia. Insomma, i tempi del Covid sembrano un ricordo così come quelli dell’Italia sul tetto d’Europa.

Come anche l’anno scorso anticipo che quest’elenco non è esaustivo, non è completo, non è dettagliato e non è oggettivo: è quello che è e, ciliegina sulla torta, l’ordine è casuale 🙂

Milan – 8.5

Come l’anno scorso - e sempre nei secoli - si parte da chi vince, per cui il Milan prende il voto più alto e di mezzo punto superiore a quello dei campioni dell’anno prima, perché questa vittoria ha sicuramente una maggiore aria di impresa. Il Milan parte sicuramente bene e come underdog: si dice che è meno attrezzata come organico, cosa probabilmente vera, ma raccoglie i frutti di una semina bene organizzata, perché è l’unica squadra di vertice a iniziare il campionato con lo stesso allenatore della stagione passata. Ha l’incognita degli impegni infrasettimanali da cui esce - come l’Inter l’anno passato - subito e nettamente, senza cioè finire nel girone infernale dell’Europa League. Da Gennaio quindi ha solo campionato e coppa Italia da cui uscirà dopo un derby pareggiato e uno perso male. Ma è una squadra ormai forgiata in un metallo nobile basato su personaggi centrali nello spogliatoio come Ibrahimovic e Kjaer - entrambi per diversi motivi a mezzo servizio - in cui sono cresciuti molto i giovani terribili che l’anno prima arrivarono secondi e dove si sono integrati alla perfezione i due nuovi innesti principali: Maignan e Giroud. Maignan sembra un portiere cresciuto nelle giovanili e destinato a diventare il più forte al mondo, Giroud invece l’esperto giramondo desideroso di segnare ovunque a qualunque età. Il vento dell’impresa monta sia gradualmente nella stagione, perdendo pezzi per infortuni e Coppa d’Afria (sia Kessie che Bennacer), sia per torti arbitrali incomprensibili (Spezia e Udinese i più clamorosi) sia per la partita chiave del campionato: il Derby di ritorno. Per lungo tempo è stato un campionato senza padrone - almeno fino a fine aprile - ma la vittoria in rimonta con doppietta di Giroud in 5 minuti è stata la chiave per non chiudere già a Gennaio la pratica. L’Inter a +10 sarebbe stata imprendibile. Anche il filotto di vittorie di maggio, con Lazio, Verona, Fiorentina, Atalanta e Sassuolo in calendario, cioè le posizioni da 6 a 10 in classifica, legittima una vittoria figlia di scelte dirigenziali lontane nel tempo, di programmazione e di una decisione tipicamente incompresa in questo paese: puntare sui giovani.

Juventus – 5.5

Quando si dice Juve si legge “quelli che hanno vinto per tantissimo tempo” ed è l’aspettativa più azzeccata per una squadra che da sola ha vinto un terzo di tutti i campionati disputati. Ma (anche) quest’anno è stato di transizione e dopo l’avventura con Pirlo si è puntato sul solido e solito Allegri, l’archetipo del risultatista con le sue celebri vittorie di horto muso. Sarebbe stato tutto perfetto senza una doppia partenza shock: la prima, quella di Cristiano Ronaldo a un paio di giorni dalla chiusura del mercato, la seconda quella materiale in campionato dove dopo quattro partite i punti erano solo 2. Fin da subito si era capito che le cose non giravano e la sensazione era che non fosse chiaro a nessuno cosa non andava e perché: in effetti ad un campionato partito male aveva fatto da contraltare un girone Champions eccellente, chiuso solo dietro al Chelsea campione uscente e battuto di horto muso a Torino. Momento chiavo in questo caso il mercato di Gennaio dove di fatto, post consistente aumento di capitale, la Juve è stata l’unica a muoversi realmente portando a Torino il promettente Vlahovic e il meno conosciuto, ma fortemente richiesto, Zakaria per altro entrambi in gol all’esordio bianconero. La squadra ha, da quel momento, continuato a fare prestazioni esteticamente poco appaganti ma, coerentemente con la fama del proprio coach, efficaci: il ritmo in campionato l’ha riportata in zona Champions - raggiunta con diverse giornate di anticipo - ma l’ha anche beffata in qualche misura. La partita più bella che si ricorderà, per questa stagione, è infatti la sconfitta con l’Inter dove la Juventus ha realmente fatto vedere il proprio gioco salvo poi subire l’unica rete su rigore. Fosse andata diversamente la Juve sarebbe potuta rientrare anche nel giro scudetto, invece ha chiuso a 70 punti, 16 meno della capolista, a causa anche di qualche sconfitta di troppo registrata nella parte finale della stagione (Fiorentina, Genoa) e altrettanti pareggi (Lazio e Bologna). Ma perché 5.5? Il voto è severo, ma la considerazione alla base è semplice: Pirlo ha raggiunto lo stesso risultato, con più fatica, ma senza mercato e forse anche con un’idea di gioco…sono 70 i punti che ci si aspetta da Allegri? Da un allenatore che - come Conte - pare abbia rifiutato il Real in transizione che Ancelotti ha portato a vincere Liga e Champions forse ci si aspettava di più. Un di più che è probabile vedremo l’anno prossimo.

Napoli 7

Quando il profeta di Certaldo fa una promessa la mantiene: Champions League doveva essere e Champions League - nel senso di qualificazione alla - è stata. Il Napoli di quest’anno non è stato molto diverso dallo scorso: se il Milan è stata l’unica squadra a dare continuità al tecnico si può dire che il Napoli è stata l’unica a dare continuità all’organico con l’unico acquisto - in realtà un prestito - di Anguissa, un centrocampista che si è fatto subito apprezzare per la quantità di recuperi. Di conseguenza possiamo dire che qui più che altrove si è vista la mano del tecnico e, grazie a qualche episodio che non guasta mai, il Napoli si è spesso trovato nelle condizioni di affondare il colpo per prendersi la vetta durante la stagione salvo poi mancare sempre l’appuntamento. Questo è forse il rimpianto più grande: in un campionato in cui nessuno sembrava volesse restare in testa, con una Juve debilitata, un’Inter con qualche giro a vuoto e un Milan ancora giovane l’esperienza al vertice del Napoli - challenger ormai da un decennio - avrebbe potuto fare la differenza. Tanti i fattori che possono avere influito: l’ambiente che troppi dicono non abituato a certe situazioni, gli addii (Insigne), i non-rinnovi (Koulibaly e Mertens?) e le politiche del Presidente (rinnovi al ribasso, tetto agli ingaggi e altre voci simili). Di certo la semplicità con cui il Napoli si è preso il terzo posto non va trascurata, così come la solidità difensiva (31 gol subiti, come il Milan, ma segnandone di più) e la propensione al gol di Osimhen, talento evidente di una rosa solida ma a rischio diaspora. Il valore aggiunto però è certamente Spalletti, capace fin da subito di prendere le misure sulla squadra per costruire, fin dalla prima gara, un gioco adatto agli 11 a disposizione. Restano un mistero alcune sconfitte (Empoli, anyone?) e in generale alcuni risultati imprevisti o sfortunati che avrebbero potuto cambiare le sorti del campionato per riportare lo scudetto alle pendici del Vesuvio, unica forza della natura capace di contrastare il dominio delle squadre del Nord.

Inter 6.5

Era la squadra favorita e verosimilmente lo sarà anche per l’anno prossimo. I detrattori dicono che ha regalato lo scudetto al Milan e alcuni episodi - Radu fra tutti - possono anche suggerirlo, ma la realtà è che l’Inter, semplicemente, ha cambiato allenatore pensando di non averlo fatto. O meglio, all’addio di Conte si è subito pensato a Inzaghi - preso con maestria e tempismo perfetto dal più navigato dirigente di Serie A - dando per scontato che la transizione fosse trasparente, senza soluzione di continuità. La realtà è stata diversa, perché a un modulo simile non è corrisposto un atteggiamento simile da parte della squadra passata ad un allenatore che ho consegnato maggior e miglior gioco (il famoso bel gioco che Conte di rado produce) ma meno tensione mentale che ha portato ad amnesie, individuali (De Vrij su Giroud) o collettive (diverse) importanti e fatali. Al cambio di allenatore si è poi aggiunto il cambio di pedine chiave a causa del mercato a sua volta determinato dalla situazione societaria, per cui via Lukaku e Hakimi, oltre a Eriksen impossibilitato a proseguire in serie A, e dentro Dzeko, Dumfries e Çalhanoğlu. Tutti e tre i sostituti hanno ben figurato nel complesso, ma difficilmente hanno brillato come e soprattutto quando avevano abituato a farlo i tre sostituiti: ecco allora che opportunamente sono emerse due luci nella notte: Lautaro e Perisic, cresciuti progressivamente nella stagione e capaci di portare comunque a casa Coppa Italia e Supercoppa Italiana, in entrambi i casi contro la Juventus. Purtroppo dai loro piedi (e mani) sono passati alcuni errori rivelatisi poi fatali nella classifica finale: il rigore di Lautaro nel derby di andata e il retropassaggio a Radu da fallo laterale di Perisic. In sostanza una squadra attrezzatissima per vincere quest’anno non ha vinto, ma contrariamente all’anno di conte ha portato a casa due coppe e giocato gli ottavi di Champions, sconfitta da un Liverpool oggettivamente superiore al livello del campionato italiano: resta una presenza fissa delle posizioni di vertice e, se non ci sarà un ulteriore ridimensionamento della rosa, correrà per lo scudetto anche il prossimo anno.

Atalanta – 5

Il giudizio dello scorso anno iniziava così:

Non è più una sorpresa e proprio per questo mi aspettavo di più…

Ecco ora a maggior ragione sono ancora più sorpreso: Gasperini è rimasto, la squadra ha ceduto - come da strategia rodata - alcuni pezzi pregiati ma in qualche modo non abbiamo più visto quel calcio europeo spumeggiante cui ci eravamo abituati. Chiaramente l’Atalanta resta una squadra capace di molto più che l’ottavo posto finale - nessuna coppa l’anno prossimo - ma le 11 sconfitte dicono che qualcosa è andato storto così come i gol - 65 - oggettivamente pochi rispetto agli scorsi anni. Il cambio societario, i molti impegni, le cessioni e acquisti hanno contribuito ad alterare equilibri che erano ormai oliati, ma la sensazione è che sia nello spogliatoio che si è rotto qualcosa, con Gasperini non più capace di gestire la giocosa macchina da guerra che aveva costruito. L’augurio è che rimetta insieme i pezzi velocemente e riporti un po’ di Europa nel calcio italiano e un po’ di calcio italiano in Europa. Finale: 5.

Roma 6.5

La Coppa Conferenza la vince Mourinho, il re delle conferenze (stampa): questo è il risultato più importante per la Roma. Riporta una coppa europea in Italia dopo più di dieci anni, si prende la prima edizione di questo nuovo trofeo e alla fine della fiera lo fa replicando l’andamento dello scorso anno in termini generali. In sostanza: Mourinho ha portato una coppa (che prima non c’era), ma in campionato la Roma non sembra una squadra diversa da com’era prima. Vince un bel derby per 3 a 0, ma perde malamente altre partite e chiude dietro la Lazio. Ha alcuni ottimi interpreti - da valutare se resteranno - come Zaniolo e Abraham e altre aree da puntellare, di certo non la panchina: finché c’è Mourinho vige l’ottimo striscione Nun c’è probblema.

Lazio 6

Sarri: l’allenatore del bel gioco non fa mai il capolavoro al primo anno, quindi lo aspetto con impazienza al prossimo. Da un certo punto di vista ha fatto un miracolo ad arrivare quinto con Immobile, dall’altro non capisco come non sia riuscito a mettere al centro del suo gioco il più talentuoso dei laziali (Luis Alberto). Chiudere davanti alla Roma è una bella soddisfazione, peccato gli altri abbiano la coppa conferenza in mano e quindi mezzo punto in più.

Fiorentina 7

Tutti a osannare il gioco di Italiano e in effetti la Fiorentina ha giocato sempre e vinto spesso, togliendosi diverse soddisfazioni (Milan e Juventus ad esempio). La partenza di Vlahovic a Gennaio non ha cambiato i piani - anzi, ha portato in cassa denari che altrimenti non si sarebbero mai più visti - e ha confermato che con la Juve c’è sì rivalità, ma gli affari vengono prima (pensiamo ai recenti Bernardeschi, Cuadrado, Chiesa, Vlahovic). Partito un Vlahovic poi hanno trovato un Piatek che ha sopperito alla carenza di gol assieme anche ad altri giocatori già in rosa. Vedremo se sarà in grado di difendere il titolo della Roma l’anno prossimo. Il settimo posto con questa rosa vale un ottimo 7.

AIA – 3

Peggio che andar di notte. Quest’anno si è visto tutto, dai gol di mano ai gol in fuorigioco al fuorigioco sdraiato al fuorigioco geografico…è mancato solo lo scambio di persona per i cartellini, ma a questo punto penso che sia più probabile che il problema è la mia memoria. Ne ho parlato comunque qui in anticipo sulla chiusura del campionato.

Politica e alte sfere (Lega Serie A, FIGC, etc.) – 3

Forse fortunatamente assenti, però dopo Wembley sembravano tutti sul carro. Lo schifo realizzato con DAZN - specie all’inizio - era inaccettabile, ora tecnicamente sembra andare meglio, ma nella pratica chi voleva assistere solo all’ultima partita (o in generale a una specifica) doveva fare un abbonamento senza alcun tipo di convenienza. Di conseguenza credo che la loro incapacità di fare contratti sia il primo fattore di diffusione degli streaming. Molto scarsa anche la capacità negoziale sulle ultime giornate in cui di fatto la contemporaneità si è avuta solo all’ultima giornata quando avrebbe potuto anche non essere più necessaria invece che, come minimo, alle ultime due giornate. Per di più non è corretto neanche parlare di contemporaneità visto che si è giocato per fasce orario in funzione delle posta in gioco (Inter e Milan assieme per lo scudetto, le squadre in zona retrocessione assieme, e così via). In sostanza, servi erano e servi restano, aggrappati a risultati occasionali o colpi di sole di qualcuno che decide di investire nel prodotto che dovrebbero, senza risultato, a fare crescere

Serie A – 7

Come l’anno scorso e più dell’anno scorso l’ha tenuta in piedi Milano e stavolta anche un po’ Napoli. Grande assente, per un terzo almeno del torneo, è stata la Juventus superata nel ruolo dal Napoli. Contrariamente agli altri scorsi è stato più avvincente nella lotta scudetto e in quella salvezza, decise all’ultima giornata, ma molto meno per quella Champions - che invece gli anni scorsi teneva vivo l’interessa - chiusa praticamente a inizio maggio. Alcune gare molto belle (Juve-Inter, Inter-Milan per esempio) altre da inchiesta (Bologna-Inter, Empoli-Napoli). Insomma un campionato avvincente in cui ha vinto chi punta sui giovani, su un modello di gioco chiaro e con conti in ordine. Si potrebbe dire la via è tracciata ma troppe volte questo torneo mi ha deluso per poter pensare che altre squadre faranno scelte simili. La speranza c’è.

Nazionale

Anche in un periodo di basso impero, dove Juve, Milan e Inter quando va bene vanno agli ottavi di Champions, non si riesce a far emergere nessun giovane italiano: quelli bravi sono stati portati all’estero subito e sono Donnarumma, Jorginho e Verratti (che non ha mai giocato in serie A). In Italia è cresciuto, notevolmente, solo Tonali che si affianca a Barella ma mancano come il pane centravanti (Balotelli resta fenomenale, ma la Serie A Turca evidentemente non arriva a Jesi) e difensori: come centrali Bonucci e Chiellini hanno dato e sarebbe il caso di farglielo capire (Chiellini forse ce l’ha fatta)…all’orizzonte, di spessore, c’è solo Bastoni…A destra il deserto a sinistra bassa marea. In sostanza: il mondiale si guarda in TV e se ci fossimo andati, giocando così, saremmo tornati dopo 3 partite.

L’unica consolazione è che sarà un mondiale invernale e figlio di un calcio che affascina poco, quello spinto dal business senza contesto…non parteciperemo, ma sono abbastanza sicuro che non troveremo neppure le risposte alla domanda perché non giochiamo un’eliminazione diretta mondiale dal 2006?